Terrario ed ecosistema: come farli e dove comprarli

Un paesaggio tropicale, di montagna o un bosco dentro una teca di vetro, un vero e proprio ecosistema che può essere tenuto anche sulla scrivania del proprio ufficio: parliamo del terrarium. Un elemento di design molto fine, adatto anche a coloro che pensano di non avere il pollice verde, perché la manutenzione delle piante contenute nel terrario è ridotta all’osso.

Terrario – ecosistema: che cosa è?

Un terrarium è composto da elementi vegetali, minerali e da microorganismi, che accostati tra di loro in un contenitore di vetro ricreano un paesaggio. All’interno del terrario in vetro, questi elementi interagiscono e si sviluppano come attori di un vero e proprio ecosistema. In pratica, il terrario viene creato nello stesso modo in cui paesaggista concepisce un giardino, ma in miniatura. L’arte della composizione dipende tanto da interessi estetici quanto biologici. Si tratta di esseri in coerenza con la realtà naturale, per questo motivo la scelta di associare diversi elementi viventi e minerali può sfociare in una simbiosi o in un fallimento.

Prima di realizzare una composizione in un terrario, è necessario anzitutto considerare le esigenze delle piante nel loro habitat naturale. L’assemblaggio delle piante secondo le loro necessità di umidità, luce e suolo, si fa associando quelle che non entrano in competizione tra loro a livello di rami o radici. Per esempio, non è possibile mettere nella stessa composizione i muschi di foresta e le cactacee perché non hanno le stesse esigenze di umidità. Per rimanere verdi, infatti, i muschi hanno bisogno di molta umidità che farebbe deperire un cactus.

Terrario ed ecosistema
Terrario ed ecosistema

Com’è nato il terrarium in vetro?

Nella prima metà dell’Ottocento, Nathaniel Bagshaw Ward, un medico inglese con una forte passione per la botanica e l’entomologia divenne il fautore di una vera e propria rivoluzione nel campo della botanica. Nel 1829, infatti, prese una crisalide di falena sfinge e la adagiò su un letto di foglie e terriccio all’interno di un contenitore di vetro, che poi andò a sigillare. Fece ciò con l’intento di osservare giorno dopo giorno il cambiamento e la metamorfosi della crisalide in farfalla. Nel frattempo, però, fece un’altra importante scoperta perché notò che l’acqua ristagnata sulle foglie, con il calore del giorno, tendeva ad evaporare formando una condensa che si depositava sui lati del barattolo chiuso. Durante la notte, quando le temperature scendevano, la condensa si organizzava in goccioline d’acqua che ritornavano a bagnare la base su cui erano adagiate le foglie venendosi così a creare un piccolo ecosistema perfettamente funzionante, ne fu dimostrazione la nascita di piccoli germogli di felce ed erba che spuntarono dal terreno e continuarono a crescere dentro il barattolo sigillato.

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Ecco quindi che, molto presto, i barattoli lasciarono il posto alle cassette in vetro molto più grandi, le cosiddette Wardian Case. Il funzionamento di quelle cassette fu così rivoluzionario da divenire una delle scoperte botaniche ed economiche più importanti dell’età vittoriana. La validità delle cassette wardiane venne confermata anche grazie alle spedizioni esplorative. Per la prima volta, infatti, fu possibile trasportare dei nuovi esemplari di piante attraverso i mari senza che le variazioni climatiche o atmosferiche le facessero morire. Le prime felci vennero spedite dall’Inghilterra in Australia nel 1833 e dopo sei mesi di navigazione arrivarono nel porto di Sidney nel pieno del loro vigore. Fu così che molte piante esotiche raggiunsero in quel periodo senza alcun problema le dimore dei collezionisti europei. Quelle cassette dal telaio in legno con le pareti di vetro furono i primi terrarium, un modo per portare il giardino dentro casa.

Micro ecosistema terrario: chiuso e aperto

Un ecosistema è formato da un insieme di esseri viventi in un ambiente biologico. Il terrarium chiuso crea un contesto che si avvicina a quello di una foresta tropicale umida, sotto forma di micro-ecosistema artificiale, dal ciclo quasi autosufficiente. Sono le caratteristiche di trasparenza e tenuta stagna del vetro a consentire, nel caso di un contenitore chiuso, la sua autosufficienza. In questo modo, si lascia passare la luce essenziale alla vita delle piante, mentre la tenuta stagna trattiene l’umidità emessa dalle piante, a tal punto che la necessità di irrigare è pressoché inesistente.

Quando questo paesaggio sotto vetro riceve in partenza il giusto dosaggio di tutti gli elementi necessari al suo sviluppo (acqua, luce, sostanze nutritive), può vivere in una quasi autonomia prolungata e gli interventi umani sono considerevolmente limitati. Dalla tecnica del terrario chiuso è possibile distinguere quella del terrario aperto, che riunisce anch’essa dei vegetali con lo scopo di ricreare un paesaggio, ma in un contenitore senza coperchio. Questo tipo di composizione, però, non propone la stessa situazione biologica, perché non trattenendo l’umidità il terrario non costituisce un ecosistema autonomo.

Come funziona il terrario – mini ecosistema?

Un paesaggio vivente dentro un vaso di vetro è un invito a sognare, ma in concreto come respirano queste piante nel loro habitat chiuso sotto vetro? La fotosintesi è il fenomeno chimico che permette ai vegetali e a certi batteri, di produrre ossigeno in presenza di luce. Praticamente, di giorno l’acqua presente nel terreno viene assorbito dalle radici della pianta, mentre l’anidride carbonica disponibile nell’aria viene assorbito dalle sue foglie.

Grazie all’energia della luce naturale, la clorofilla contenuta nei tessuti delle piante trasforma l’acqua e l’anidride carbonica creando l’ossigeno e gli zuccheri necessari alla vita della pianta. In questo modo, le piante dei terrari umidi si sviluppano perfettamente in un ambiente chiuso e non hanno bisogno dell’ossigeno dell’ambiente per sostentarsi perché lo producono da sé. Per questo motivo è importante che il terrarium abbia un buon apporto luminoso, affinché la pianta possa compiere ogni giorno la fotosintesi. Lo scopo del terrario, oltre quello di ricreare un piccolo paesaggio, è anche di lasciare libero sfogo alla natura: permettere che i muschi si sviluppino, le radici crescano e gli insetti non nocivi abitino questo mondo in miniatura. Al momento della creazione del terrario, infatti, è possibile che alcuni insetti si nascondano nei muschi o nel terreno, ma se fanno parte del biotopo e non danneggiano l’insieme è preferibile lasciarli che svolgano il loro ruolo nello sviluppo naturale del terrarium.

come fare un terrario

 

La luce giusta per il terrario piante

La luce è quindi l’elemento essenziale della fotosintesi e della respirazione dei vegetali del terrario, che pertanto deve essere sistemato sempre in prossimità immediata di una finestra, ma senza esposizione diretta ai raggi solari. Attenzione, però, se la finestra si affaccia a Nord oppure su un cortile potrebbe non ricevere luce a sufficienza per compiere la fotosintesi. Per una esposizione omogenea, sarebbe bene ruotare la composizione di mezzo giro ogni due settimane. In caso di una mancata esposizione naturale adeguata, è possibile completare l’apporto luminoso quotidiano con una lampadina a “luce naturale” (da 6200 K a 6500K) accesa per otto ore al giorno e sistemata a circa 50 cm dalla composizione. Quando la luce non è sufficientemente intensa per un terrario chiuso, possono comparire dei filamenti biancastri. Si tratta di un fungo che bisognerà eliminare al più presto per evitare la sua propagazione. Se, invece, la composizione viene esposta ai raggi diretti del sole possono anche comparire delle macchie nere, perché il vetro crea un effetto lente che brucia il fogliame della pianta.

Gestire l’acqua del terrario piante – ecosistema

Proprio grazie all’ecosistema che viene creato nel terrario chiuso, l’intervento umano è ridotto al minimo perché la composizione può autoalimentarsi. Come noi, infatti, anche i vegetali respirano e generano acqua sotto forma di gas. Il vapore acqueo umidifica l’atmosfera interna del terrarium permettendo ai vegetali di svilupparsi. Una parte di questo vapore si condensa, ossia diventa nuovamente liquido a contatto con la parete di vetro, quando scende nel terreno annaffia la pianta. Se il contenitore viene invaso da una condensa molto spessa che impedisce di vedere le piante, la causa può essere il calore eccessivo oppure un colpo di sole. In tal caso, è bene aprire il coperchio per almeno 10 minuti, in modo tale da fare evaporare l’eccesso di umidità.

Questo è però il segnale che la pianta deve essere sistemata al riparo dai raggi diretti del sole. Quando è necessario annaffiare la pianta, bisogna nebulizzare sulla pianta un’acqua non calcarea (filtrata, minerale, piovana), in alternativa può essere usata una spugna nuova da strizzare sopra la composizione dopo averla imbevuta di acqua. È bene annaffiare lungo le pareti, ai piedi delle piante e sulle parti ricoperte di ghiaia, evitando di umidificare i mischi. A seconda della misura del contenitore, prevedete da 50 a 300 ml di acqua. Se i muschi perdono un po’ del loro colore verde, è necessario estrarli dalla composizione e immergerli nell’acqua (minerale o filtrata), poi strizzarli delicatamente, come una spugna. Ritroveranno il loro colore naturale in pochi minuti.

Annaffiatura del terrarium in vetro aperto

In questo caso, la manutenzione si fa come per una pianta in vaso, ma l’annaffiatura sarà comunque ridotta perché la ghiaia sistemata nel substrato manterrà l’umidità del suolo. In generale, in primavera ed estate si può annaffiare una volta la settimana. In autunno e in inverno le piante vanno in riposo, sarà quindi necessario annaffiare ogni due o tre settimane. Queste indicazioni sono teoriche e non tengono conto del tasso di umidità dell’aria del vostro ambiente specifico. Per essere sicuri della necessità di annaffiatura della pianta bisogna toccare la ghiaia, se è asciutta si deve bagnare.

Terrario come farlo?

Il terrario può essere concepito secondo un principio classico cioè un albero centrale in miniatura che rafforza l’effetto di paesaggio nel vaso e gli dà una proporzione. Intorno ad esso si posizionano poi alcuni elementi vivi e minerali, che ricordano lo scenario che si trova realmente ai piedi di quest’albero nel suo ambiente naturale. Ad esempio, un albero proveniente dalla giungla, come il ficus, può essere circondato da vegetazione lussureggiante e da piante colorate come la fittonia. La poliscia, che predilige terreni acidi, sta bene con le felci che hanno gli stessi bisogni in termini di terreno. I muschi costituiscono un elemento importante negli ambienti umidi e possono essere tappezzanti (muschi piatti) o dare l’effetto di un prato. Possono essere anche bombati (muschi a cuscinetto) per simulare una collina verdeggiante. Le pietre fungeranno da rocce e i rami morti si trasformeranno in tronchi d’albero in miniatura sui quali si svilupperanno i muschi. Di particolare effetto può risultare anche un terrarium bonsai oppure l’uso dei cactus e dell’edera.

 

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